lunedì 28 giugno 2010
Parco naturalistico del Sile a tappe:da S.Cristina (Tv) al cimitero dei Burci
Partenza: S.Cristina di Quinto di Treviso (Tv)
Lunghezza: 56 km.
Tempo di percorrenza: 4:19:33
Difficoltà: bassa
Seconda tappa lungo il Parco naturalistico del Sile con partenza stavolta da S.Cristina (Tv). I primi km di questa escursione sono stati caratterizzati dalla pista ciclabile Treviso Ostiglia che in breve tempo ci ha portati al lago di Quinto e vista la bellezza del posto abbiamo pensato di realizzare un video.
Guarda il video Lago di Quinto
Purtroppo dopo il passaggio nel lago abbiamo dovuto fare i conti con il traffico e con la strada che nulla ha a che vedere con una pista ciclabile e fino alle porte di Treviso c'era davvero da stare attenti. Arrivati a porta S.Quaranta abbiamo pensato di fare qualche foto nel centro della città ma abbiamo trovato una manifestazione ciclistica con il Campionato italiano di corsa a cronometro e quindi, dopo una meritata pausa, abbiamo continuato il nostro percorso verso Casier (Tv). Anche oggi trovare la strada giusta guardando le mappe del Girasile é stata un impresa e non senza qualche momento di nervosismo (soprattutto mio!) ma alla fine abbiamo potuto ammirare forse la parte fin qui più bella del Sile che dal ruscello che era nella zona della Porta dell' Acqua adesso é diventato un fiume navigabile. Visto il caldo e la totale mancanza di cartelli di indicazione di questo percorso abbiamo desistito nel completare la tappa fino a Casier (Tv) ma abbiamo decretato il cimitero dei Burci come giro di boa e sarà da qui che partirà la terza tappa che sulla carta si preannuncia davvero bella e piena di splendide zone da vedere.
Guarda il video il cimitero dei Burci
I Burci e la navigazione fluviale
Burcio
Grossa barca il cui fondo, piatto, arrivava fino all'estremità superiore della prua. Di costruzione molto solida, adibita al trasporto e usata nella bassa valle Padana, principalmente sui canali veneti, sul Po sino a Pavia e sul Po di Volano sino a Ferrara. Veniva costruito a Chioggia, Padova, nel Delta, Adria e le sue dimensioni erano molto diverse, con portata variabile dalle 35 alle 180 tonnellate. Armava due alberi incernierati con vele al terzo, di cui quella di poppa più piccola, e a volte i burchi percorrevano tratti di mare tra un'imboccatura di fiume e l'altra. Date le dimensioni, durante la costruzione il burchio non poteva venire capovolto per rivestire il fondo e veniva perciò sbandato da un lato e poi dall'altro per avere lo spazio di sistemare le tavole del fondo Le sue dimensioni massime erano: lunghezza Mt. 35, larghezza m. 6,50, immersione a pieno carico m 1,70.
Il burcio era un'imbarcazione a fondo piatto, adatto alla navigazione fluviale soprattutto per il trasporto commerciale. Costruito con l'impiego di legno duro che garantiva resistenza all'umidità per le strutture principali, e legno dolce, più elastico, per le parti soggette ad urti, aveva un pescaggio a pieno carico di circa due metri; completavano la costruzione del burcio, gli alloggi, i depositi di poppa e prua, l'allestimento di tutta l'attrezzatura.
La parte esterna dello scafo, immersa nell'acqua, impregnata di pece, era di colore nero e i fianchi, di colori vivaci, a volte venivano decorati. I tre uomini necessari per portare il burcio, erano il paròn, il marinéro e il morè. Il paròn era il capitano, il marinéro (marinaio) eseguiva le manovre e il morè (mozzo) si occupava dei pasti e delle pulizie. Due strette aperture quadrangolari (fondèi) con una porticina in legno sul fasciame di coperta, una davanti e una dietro, permettevano di calarsi "sotto prora" (sòto pròa) o "sotto poppa" (sòto pupa), dove c'erano gli alloggi di barcari e capobarca. Il burcio era tutto: era la casa e lo strumento di lavoro. Nonostante gli spazi fossero ristretti, non mancava niente. L'alloggio era ricavato a poppa ed era riservato al "paròn" capobarca per consuetudine marinara, quale segno di rispettosa distinzione. il marinero e il morè erano sistemati sòto pròa, cioè davanti. Per il riposo vi erano delle cuccette, riparate alla meglio dall'umidità con della tela cerata. Tale accorgimento tuttavia serviva a poco e "Tante volte dormiimo bagnai..." e dormire con le coperte bagnate, soprattutto d'inverno, magari dopo una pioggia che arrivava a penetrare tra le fessure sul legname, non era una bella esperienza. Per scaldarsi però si faceva presto: la cucina economica in cui ardeva la legna garantiva tepore. Invenzione recente, la cucina economica sostituì una specie di braciere quadrato con base in ferro (a volte anche in legno), nel quale veniva disteso uno strato di ghiaia o sabbia; sopra il fuoco veniva acceso, a fiamma libera: ben presto il fumo che ne scaturiva, si spandeva dentro l'alloggio, sino ad imboccare "el fondeéto", un'apertura ricavata sul fasciame di coperta. La materia prima che serviva da combustibile per questo rudimentale braciere (foghèra) si rimediava senza troppi problemi lungo gli argini del Sile
Pasteo & Manuela vi salutano e vi rimandano alla prossima escursione...per caso!
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